mercoledì 14 aprile 2010

Che tempo che fa a Lashkargah?


di Toni Capuozzo

Non ho mai condiviso i furori ideologici di Gino Strada, ma ho sempre apprezzato il lavoro dei suoi medici, e la sua abilità nel mobilitare artisti, comici, gente comune che ha bisogno di credere. Io sono cresciuto con il mito dell’ospedale del dottor Schweitzer a Lambarenè, una carità silenziosa ed esotica nello stesso tempo, oggi tanti italiani hanno bisogno d’altro: bandiere, slogan, fazzoletti bianchi, proclami, manifestazioni, e un pacifismo molto bellicoso. Va da sé che i comizi sono sempre contro l’America e l’Occidente, vasel d’ogni male. In Sudan, dove Gino ha messo in piedi con la sua benemerita follia un centro chirurgico d’ avanguardia – i disperati meritano il meglio, non gli avanzi- non mi risulta tanto irremovibile attivismo nei confronti del governo di Khartoum: ma lì non c’è l’America, non c’è l’Occidente, non c’è quel senso di colpa di cui tutti, da Milly Moratti a Gino e Michele, abbiamo bisogno per sentirci migliori ed estranei in casa propria.
Ma adesso tocca scrivere mentre tre di Emergency stanno in un centro di detenzione afghana, accusati delle peggio cose. E bisognerà pur dire che almeno una delle accuse è palesemente infondata. Come possono, i tre, avere avuto un ruolo nell’assassinio di Adjmal Nashgbandi, se a quel tempo erano uno in Italia, uno in Sierra Leone, e il più giovane a completare un naster a Londra ? Restano, ed è un dato di fatto, a meno che non si sospetti la polizia afghana di averle introdotte lei medesima, le armi ritrovate nell’ospedale intitolato a Tiziano Terzani, a Lashkargah. Fossi il tenente Colombo, direi che potrebbero avercele introdotte uno dei sei afghani arrestati, o qualcun altro, e del tutto all’insaputa dei tre. Non è un mistero per nessuno che in quell’ospedale sulle povere alture della cittadina hanno spesso trovato cure i talebani, spacciatisi come vittime di fuoco incrociato. Non è uno scandalo, e bene hanno fatto medici e infermieri a curarli: è il loro compito. Ma non è neppure un mistero che l’ospedale, come un imprenditore brianzolo che debba aprire attività a Gela, abbia in passato affidato la sicurezza a chi poteva minacciarla (è sacrilego ricordare lo stalliere Mangano ?). Al tempo del sequestro Torsello, responsabile della sicurezza era Rahmatullah Hanefi. Secondo alcuni, era l’unico a sapere che Kash avrebbe preso l’autobus su cui poi sarebbe stato sequestrato. Secondo altri, fu lui a portare la borsa zeppa di dollari che valse la liberazione di Torsello. Fu ancora Hanefi a mediare nel sequestro Mastrogiacomo. Mal gliene incolse, e venne trattenuto per tre mesi nelle celle sella sicurezza afghana, che lo sospettava di un ruolo meno neutrale della mediazione. Grazie anche alle pressioni italiane (e alla testimonianza di Daniele, che smentì di averlo mai visto in prigionia, cosa che in fondo sarebbe stata naturale, se un mediatore dev’essere per definizione pendolare, e avere prove della permanenza in vita del sequestrato) fu liberato. Resto per qualche tempo all’ospedale di Lashkargah, e ora non sappiamo dove sia. Il suo ruolo, di fatto, è passato al giovane Pagani, quello tra i tre arrestati che era alla sua prima missione. E’ ragionevole pensare che la partita, tra Emergency e il governo afghano, non fosse chiusa. Almeno quanto è ragionevole sospettare che, grazie anche alle denunce sulle violazioni dei diritti umani in cui l’infermiere Dell’Ara era impegnato, e grazie al passato di Hanefi, qualcuno, nel resau talebano, potesse aver visto nell’ospedale un buon luogo per nascondere qualcosa. Detto questo, è detto tutto. Resta solo da invocare, per accusa e difesa, un lavoro un punta di fatto, non di teoremi. Da parte afghana la manifestazione di decine di persone – secondo fonti locali erano di più, ma le immagini non confortano, e Lashkargah non è piazza San Giovanni – reclamante la chiusura dell’ospedale, in quanto minaccia alla sicurezza della provincia, lascia intendere una resa dei conti che ha poco a che fare con una seri investigazione. Da parte italiana, è questione di fede, di un compagno non può averlo fatto, di sdegno o di diffidenza, entrambi di principio. Eppure sarebbe l’occasione per chiarire le circostanze della strana morte di Adjmal Nashgbandi, l’interprete di Daniele Mastrogiacomo ucciso dopo la liberazione del giornalista italiano, e risequestrato dopo la sua stessa liberazione. Venne ucciso per creare ulteiiori difficoltà al governo afghano, pronto a darsi da fare per un italiano ma non per un afghano ? Venne ucciso perché aveva visto qualcosa che non doveva vedere ? Venne ucciso solo per un gusto di ferocia supplementare, senza scopo ? Curiosamente, tutte le ansie dietrologiche italiane si esercitano sull’ ultimo capitolo, e ne trascurano le premesse. Chiedere a Emergency e a Gino Strada di curare e basta, senza proclami, sarebbe come chiedere al missionario di non intonare mai una preghiera, di sfamare e basta: gli uni devono interrompere la catena delle guerre americane che producono i loro clienti, gli altri salvare le anime, mica solo i corpi. E a chi non cerca teorie del mondo per spiegarne il disordine, a chi sta tranquillo e scomodo ai soli fatti spesso inspiegabili, non resta che registrare che i diciotto feriti della sparatoria Nato contro un autobus civile, l’altra mattina a Kandahar, debbono fare i conti con un ospedale in meno, in provincia. Per i quattro morti non c’è nulla da fare, e le uniche bandiere che gli possono piantare sopra sono quelle di plastica nera o verde, che sbatacchiano sulle tombe afghane.

venerdì 26 marzo 2010

Preti pedofili: panico morale



di Massimo Introvigne

Perché si ritorna a parlare di preti pedofili, con accuse che si riferiscono alla Germania, a persone vicine al Papa e ormai anche al Papa stesso? La sociologia ha qualche cosa da dire o deve lasciare libero il campo ai soli giornalisti? Credo che la sociologia abbia molto da dire, e che non debba tacere per il timore di scontentare qualcuno. La discussione attuale sui preti pedofili – considerata dal punto di vista del sociologo – rappresenta un esempio tipico di “panico morale”. Il concetto è nato negli anni 1970 per spiegare come alcuni problemi siano oggetto di una “ipercostruzione sociale”. Più precisamente, i panici morali sono stati definiti come problemi socialmente costruiti caratterizzati da una amplificazione sistematica dei dati reali, sia nella rappresentazione mediatica sia nella discussione politica. Altre due caratteristiche sono state citate come tipiche dei panici morali. In primo luogo, problemi sociali che esistono da decenni sono ricostruiti nelle narrative mediatiche e politiche come “nuovi”, o come oggetto di una presunta e drammatica crescita recente. In secondo luogo, la loro incidenza è esagerata da statistiche folkloriche che, benché non confermate da studi accademici, sono ripetute da un mezzo di comunicazione all'altro e possono ispirare campagne mediatiche persistenti. Philip Jenkins ha sottolineato il ruolo nella creazione e gestione dei panici di “imprenditori morali” le cui agende non sono sempre dichiarate. I panici morali non fanno bene a nessuno. Distorcono la percezione dei problemi e compromettono l’efficacia delle misure che dovrebbero risolverli. A una cattiva analisi non può che seguire un cattivo intervento.

Intediamoci: i panici morali hanno ai loro inizi condizioni obiettive e pericoli reali. Non inventano l’esistenza di un problema, ma ne esagerano le dimensioni statistiche. In una serie di pregevoli studi lo stesso Jenkins ha mostrato come la questione dei preti pedofili sia forse l’esempio più tipico di un panico morale. Sono presenti infatti i due elementi caratteristici: un dato reale di partenza, e un’esagerazione di questo dato ad opera di ambigui “imprenditori morali”.

Anzitutto, il dato reale di partenza. Esistono preti pedofili. Alcuni casi sono insieme sconvolgenti e disgustosi, hanno portato a condanne definitive e gli stessi accusati non si sono mai proclamati innocenti. Questi casi – negli Stati Uniti, in Irlanda, in Australia – spiegano le severe parole del Papa e la sua richiesta di perdono alle vittime. Anche se i casi fossero solo due – e purtroppo sono di più – sarebbero sempre due casi di troppo. Dal momento però che chiedere perdono – per quanto sia nobile e opportuno – non basta, ma occorre evitare che i casi si ripetano, non è indifferente sapere se i casi sono due, duecento o ventimila. E non è neppure irrilevante sapere se il numero di casi è più o meno numeroso tra i sacerdoti e i religiosi cattolici di quanto sia in altre categorie di persone. I sociologi sono spesso accusati di lavorare sui freddi numeri dimenticando che dietro ogni numero c’è un caso umano. Ma i numeri, per quanto non siano sufficienti, sono necessari. Sono il presupposto di ogni analisi adeguata.

Per capire come da un dato tragicamente reale si è passati a un panico morale è allora necessario chiedersi quanti sono i preti pedofili. I dati più ampi sono stati raccolti negli Stati Uniti, dove nel 2004 la Conferenza Episcopale ha commissionato uno studio indipendente al John Jay College of Criminal Justice della City University of New York, che non è un’università cattolica ed è unanimemente riconosciuta come la più autorevole istituzione accademica degli Stati Uniti in materia di criminologia. Questo studio ci dice che dal 1950 al 2002 4.392 sacerdoti americani (su oltre 109.000) sono stati accusati di relazioni sessuali con minorenni. Di questi poco più di un centinaio sono stati condannati da tribunali civili. Il basso numero di condanne da parte dello Stato deriva da diversi fattori. In alcuni casi le vere o presunte vittime hanno denunciato sacerdoti già defunti, o sono scattati i termini della prescrizione. In altri, all’accusa e anche alla condanna canonica non corrisponde la violazione di alcuna legge civile: è il caso, per esempio, in diversi Stati americani del sacerdote che abbia una relazione con una – o anche un – minorenne maggiore di sedici anni e consenziente. Ma ci sono anche stati molti casi clamorosi di sacerdoti innocenti accusati. Questi casi si sono anzi moltiplicati negli anni 1990, quando alcuni studi legali hanno capito di poter strappare transazioni milionarie anche sulla base di semplici sospetti. Gli appelli alla “tolleranza zero” sono giustificati, ma non ci dovrebbe essere nessuna tolleranza neanche per chi calunnia sacerdoti innocenti. Aggiungo che per gli Stati Uniti le cifre non cambierebbero in modo significativo se si aggiungesse il periodo 2002-2010, perché già lo studio del John Jay College notava il “declino notevolissimo” dei casi negli anni 2000. Le nuove inchieste sono state poche, e le condanne pochissime, a causa di misure rigorose introdotte sia dai vescovi statunitensi sia dalla Santa Sede.

sabato 23 gennaio 2010

"dubbi" elettorali


Dai primi sondaggi sul voto che avverrà nel Lazio per le regionali del 2010 è in vantaggio Emma Bonino rispetto alla sua diretta avversaria, Renata Polverini. Che la Polverini non soddisfi in pieno l'elettorato del centro-destra non è un mistero ma quello che mi colpisce di più è l'appoggio del Pd alla candidata radicale. O meglio, conme faranno i cattolici del Pd a mettere, in cabina elettorale una croce sul nome della Bonino? Si tapperanno il naso e vinceranno ogni tipo di ipocrisia? In mome della laicità dell Stato riusciranno a tollerare bestemmie ed aborti?
Insomma... c'è davvero ancora posto per i cattolici nel Pd?

giovedì 24 dicembre 2009

Talebani salutisti contro Babbo Natale

Il salutismo è una fede intransigente e non risparmia nessuno: ultimo a cadere sotto la sua impietosa scure è niente di meno che Babbo Natale in persona. La notizia (ringrazio Akathistos della segnalazione) è al limite tra il ridicolo e lo spaventevole: un’equipe di scienziati ha infatti mosso guerra al mitico eroe natalizio accusandolo di produrre effetti nefasti sulla percezione che i bambini hanno della Salute. Sarebbe inaccettabile, a detta loro, l’esempio di un “vecchio signore che, girando casa per casa, approfitta del brandy che ogni famiglia gli lascia. E, dopo aver bevuto troppo, sale semi ubriaco in sella alla sua slitta, senza mai indossare la cintura di sicurezza o il casco”. Ma i nuovi predicatore della Santa Salute non si fermano qui.



«Sul piano epidemiologico, c’è una correlazione tra i paesi che venerano Babbo Natale e quelli dove il tasso di obesità dei bambini è elevato» rileva il ricercatore australiano Grills che ha condotto la ricerca: «dobbiamo essere consapevoli della capacità di Babbo Natale di influenzare la gente, soprattutto i bambini. Per questo proponiamo una nuova immagine di Santa Claus che assicuri che la sua influenza sulla salute pubblica sia positiva». Magari scolpito, lampadato e con il capello mechato. Dopo Gesù Bambino e il Presepe, ecco che un’altra icona della nostra tradizione natalizia se ne va. Ma chissà se il nuovo Babbo Natale in stile “Uomini e Donne” di Maria De Filippi sarà poi davvero tanto più salutare del suo predecessore.

venerdì 4 dicembre 2009

Tutti zitti.... parla Spatuzza


Le dichiarazioni non possiamo perdercele. Chissà cosa dirà mai questo pentito illuminato che tiene con il fiato sospeso l'Italia intera. Già ieri sera il Santoro nazionale difensore della democrazia e della libertà ha dato sfogo al suo estro con addirittura una rappresentazione teatrale con caratterista in parrucca (mills) ed Alessandro Haber nei panni del pm Greco. La presentazione del libro "il regalo di Berlusconi. comprare un testimone, vincere i processi e diventare premier" ha dato poi un lucido chiarimento a chi non aveva le idee chiare sul caso Mills. Comunque di tutto si fa per delegittimare il mafioso, corruttore e nemico della democrazia, Mister B.
Ed ora Spatuzza, arrestato il 2 luglio del 1997, si è ricordato qualche cosa... sì, sì.... vediamo cosa. Forse qualche dettaglio sugli oltre 40 omicidi accertati?

Povera Italia.