giovedì 24 dicembre 2009

Talebani salutisti contro Babbo Natale

Il salutismo è una fede intransigente e non risparmia nessuno: ultimo a cadere sotto la sua impietosa scure è niente di meno che Babbo Natale in persona. La notizia (ringrazio Akathistos della segnalazione) è al limite tra il ridicolo e lo spaventevole: un’equipe di scienziati ha infatti mosso guerra al mitico eroe natalizio accusandolo di produrre effetti nefasti sulla percezione che i bambini hanno della Salute. Sarebbe inaccettabile, a detta loro, l’esempio di un “vecchio signore che, girando casa per casa, approfitta del brandy che ogni famiglia gli lascia. E, dopo aver bevuto troppo, sale semi ubriaco in sella alla sua slitta, senza mai indossare la cintura di sicurezza o il casco”. Ma i nuovi predicatore della Santa Salute non si fermano qui.



«Sul piano epidemiologico, c’è una correlazione tra i paesi che venerano Babbo Natale e quelli dove il tasso di obesità dei bambini è elevato» rileva il ricercatore australiano Grills che ha condotto la ricerca: «dobbiamo essere consapevoli della capacità di Babbo Natale di influenzare la gente, soprattutto i bambini. Per questo proponiamo una nuova immagine di Santa Claus che assicuri che la sua influenza sulla salute pubblica sia positiva». Magari scolpito, lampadato e con il capello mechato. Dopo Gesù Bambino e il Presepe, ecco che un’altra icona della nostra tradizione natalizia se ne va. Ma chissà se il nuovo Babbo Natale in stile “Uomini e Donne” di Maria De Filippi sarà poi davvero tanto più salutare del suo predecessore.

venerdì 4 dicembre 2009

Tutti zitti.... parla Spatuzza


Le dichiarazioni non possiamo perdercele. Chissà cosa dirà mai questo pentito illuminato che tiene con il fiato sospeso l'Italia intera. Già ieri sera il Santoro nazionale difensore della democrazia e della libertà ha dato sfogo al suo estro con addirittura una rappresentazione teatrale con caratterista in parrucca (mills) ed Alessandro Haber nei panni del pm Greco. La presentazione del libro "il regalo di Berlusconi. comprare un testimone, vincere i processi e diventare premier" ha dato poi un lucido chiarimento a chi non aveva le idee chiare sul caso Mills. Comunque di tutto si fa per delegittimare il mafioso, corruttore e nemico della democrazia, Mister B.
Ed ora Spatuzza, arrestato il 2 luglio del 1997, si è ricordato qualche cosa... sì, sì.... vediamo cosa. Forse qualche dettaglio sugli oltre 40 omicidi accertati?

Povera Italia.

martedì 1 dicembre 2009

Finalmente si TAGLIA!



Il Codice delle Autonomie è finalmente stato approvato, tagliati 34mila tra consiglieri comunali e circoscrizionali, 15mila tra assessori comunali e provinciali!
Questa norma dovrebbe essere anticipata in Finanziaria.

speriamo sia la volta buona!
meno fan-cazzisti e meno spese per enti inutili (se non dannosi)!
fonte

mercoledì 18 novembre 2009

Liberi di insultare?


Arrivato a Roma, che resta in fondo la capitale della cristianità, Gheddafi non ha staccato il crocifisso dal muro. A quello ci pensa l'Europa. Lui ha preteso di identificare chi vi è stato inchiodato. Dicendo: «Non è Gesù, non è mai stato Gesù». «Era un sosia, uno che gli assomigliava», ha predicato con solennità. Per citare l'agenzia Ansa si sarebbe espresso così: «Voi credete che Gesù è stato crocifisso ma non lo è stato, lo ha preso Dio in cielo. Hanno crocefisso uno che assomigliava a lui». Ma non solo: «Gli ebrei hanno cercato di ammazzare Gesù perché lui voleva rimettere sulla via giusta la religione di Mosè».
Insomma: Gesù è un profeta dell'Islam, e sarebbe una specie di vigliacco che scappa in braccio a Dio per non farsi mettere a morte dagli ebrei, lasciando che sia un altro a soffrire per lui. La nostra idea, forse la nostra speranza, è che ieri a dire queste bestialità beduine non sia stato il vero Colonnello ma un suo sosia. Una pratica molto nota tra i capi musulmani. Saddam Hussein ne aveva una dozzina, è stato scritto un bellissimo libro sul tema da Martin Amis. Probabile ne abbia anche Gheddafi, ma la prossima volta li scelga più intelligenti, e anche più rispettosi delle persone e del luogo dove va a pontificare.
La storia, per le persone cui fosse sfuggita, è questa: il capo del popolo libico, a Roma per il vertice della Fao, ha fatto rastrellare duecento ragazze alte e belle, vestite in modo castigato. Ha donato a ciascuna una banconota, poi ha cercato di convertirle. Da noi, nei Paesi occidentali, non è vietato: c'è libertà religiosa e anche di proselitismo. Ma da noi c'è anche il diritto di critica. E per il momento abbiamo anche il diritto alla difesa della Bibbia e in essa del Vangelo.
Stiamo un attimo sul punto. Quella della crocefissione di un Sosia, non è una trovata del leader libico, è una affermazione che sta scritta nel Corano. Il quale fa di Gesù un Profeta, ma nega l'essenziale su di lui, lo mangia e lo digerisce per il comodo di Maometto, che voleva sostituire la Rivelazione cristiana con la sua. Legittimo, da noi c'è libertà di religione. Ma il fatto che il rappresentate di un popolo convochi, con 50 euro di mancia al netto delle tasse, cento ragazze italiane per indottrinarle, senza diritto di replica, è qualcosa che se fosse stato fatto - a parti rovesciate - in Arabia o in Libia, il predicatore non sarebbe vivo. Se ad esempio, alla Mecca (che corrisponde più o meno a Roma per l'Islam) Berlusconi andasse a sostenere che Maometto sposando una bambina di nove anni ha violato l'infanzia, sarebbe stato decapitato come minimo, più probabilmente lapidato.
Noi ci ricordiamo bene quando, con il pretesto della maglietta con la vignetta su Maometto indossata dal ministro Calderoli, per poco non si dichiarò guerra all'Italia e fu assaltato il nostro consolato a Bengasi. E quella maglietta era assai delicata rispetto alla negazione ostentata, nella Roma di Pietro, della verità storica sulla passione e sul Calvario. Una specie di insensato negazionismo. Finché resta nei confini delle moschee ed è esposto da semplici imam, offende la nostra comunità e la nostra tradizione, ma ci sta, amaramente ci sta: è il prezzo della tolleranza e della libertà. Ma un capo di Stato non può abusare della sua intangibilità di ospite nonché di detentore del gas e del petrolio. Esistono dei doveri di civiltà, anche fra i beduini in visita, e conviene che qualcuno li ricordi al leader Gheddafi.

Il nostro governo fa bene a cercare buoni rapporti con la Libia. La Libia deve fare anch'essa un passettino per averli buoni con noi. Il primo modo è di rispettarci, o almeno di fingere di farlo, sarebbe già qualcosa.
Sintetizzo le ragioni per cui stare in pace con la Libia e il suo leader.

1) La questione di un'amicizia forte tra Paesi mediterranei, a partire da Tripoli, ci rende interlocutori seri per la pace in Medio Oriente.

2) L'importanza di una cooperazione italo-libica nella lotta al terrorismo e per lenire ferite coloniali è ovvia ed ha aspetti di alta moralità.

3) La necessità di contenere l'immigrazione clandestina dalle coste della Tripolitania e di avere certezze nell'approvvigionamento energetico è prioritaria e indiscutibile.

4) Il criterio universale della tolleranza impone di accettare la diversità nella concezione della democrazia e della religione di un leader come Gheddafi;

5) Questi buoni rapporti rendono più efficaci le nostre pressioni per l'affermazione in Libia dei diritti umani. Ma non ci sono prezzi, il senso della decenza non è in vendita. Non si può far passare per stravaganza l'offesa cosciente di Gheddafi. Egli colpisce il sentimento profondo del nostro popolo, quel Cristo in croce a cui è affezionata anche la gente che non crede sia Dio.
Ma a cui dà fastidio sentirsi dire a casa propria che quel Gesù esposto sulla Croce il Venerdì Santo e che sta sul petto delle nostre mamme e nonne è un trucco. Chieda scusa Gheddafi, se vuole gli siamo amici. Non si fa terrorismo religioso. È un delitto.

P.S. A proposito di dialogo e di presunte offese. Qualcuno ha giudicato le dichiarazioni di Daniela Santanchè su Maometto pedofilo inopportune perché si scontrerebbero con comportamenti altrettanto inaccettabili di personaggi biblici. Perfetta ignoranza. La vita di Maometto e il Corano sono Parola di Dio immutabile, esempio perenne, consacrazione di Verità e di Etica, non suscettibili di critica. Invece la Bibbia per i cristiani (e gli ebrei) è ispirata da Dio, è il racconto di come Dio interviene nella storia, scritto da una mano umana. La Parola è Cristo stesso. Invece il Corano e il suo racconto è un ordine. E lì c'è la differenza grande. Al di là dei comportamenti egualmente deprecabili di tanti cristiani e di tanti musulmani, la differenza sta nel manico. L'Islam è stato fondato e ha per paradigma un uomo che ha versato il sangue degli altri. Gesù Cristo ha versato il suo per gli altri. Che Gheddafi venga a negare questo, e per di più a Roma, e per giunta abusando della nostra ospitalità e sputando addosso a ragazze inermi le sue bufale islamiche, è grave. Speriamo sia stato un Sosia.
Articolo di R. Farina

lunedì 9 novembre 2009

solo i crocifissi? e perchè non il Natale?

La sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo che ordina all'Italia di staccare i crocifissi dalle classi è un passo in avanti verso l'affermazione della laicità dello Stato. Finalmente si pone un freno alla violazione della libertà religiosa e della libertà di non professare alcuna religione.

Però, e mi stupisce che una Bonino, un Rodotà o un Odifreddi, oggi non ne parlino, è chiaro che siamo ancora all'alba.

Questa sentenza non basta. È una goccia nel mare e impone a tutti di affrontare una volta e per tutte problemi seri e improcrastinabili.

Il Natale, per esempio. Come si può nel 2009 continuare a vessare bambini e adulti imponendo loro come festività collettiva una festività religiosa? Non basta certo vietare il presepe nelle scuole, come già qualche solerte preside ha fatto. È ora di abrogare questa festa. Se la festeggino i cristiani a casa loro.

Se poi vogliamo salvaguardare il diritto alle ferie di tutti, allora per lo meno cambiamole il nome in “Giornata transnazionale dello scambio dei doni”. Qualcuno in Europa si muova.

Più complicato sarà salvare l'8 dicembre. Quel giorno, io, cristiano, cattolico, apostolico romano farò festa. Ma trovo che sia umiliante per tutti i non credenti, per i credenti non cristiani e per gli stessi cristiani non cattolici che non credono nel dogma, recente e controverso dell'Immacolata concezione di Maria.

Trovo che sia giusto, a quel punto, che l'8 dicembre, quanti non professano la religione cattlica se ne vadano a lavorare, senza patire l'umiliazione di una vacanza che ferisce il loro senso di laicità.

A meno che non si voglia salvare in extremis la giornata di vacanza, cambiando però l'intitolazione della festa con qualcosa di laico, aconfessionale e politicamente corretto.

Per esempio, l'8 dicembre potrebbe essere la festa dei culi sodi.

E c'è ancora la spinosa questione della domenica. Continuare a imporre a tutti il riposo settimanale nel giorno della resurrezione di Gesù Cristo, un fatto metastorico senza alcun fondamento scientifico, è un'umiliazione per ogni spirito libero che non si può più tollerare.

Perchè non riposarsi i venerdì, come i musulmani? O il sabato come i fratelli ebrei? O un giorno a cazzo di cane quando uno ne ha voglia, come sarebbe giusto? E se proprio vogliamo convenzionalmente mantenere il riposo nel settimo giorno, potremmo almeno cambiargli nome, togliendo quel riferimento al “giorno del Signore” che, per citare la Corte europea, è “fastidioso per quelli che praticano altre religioni, in particolare se appartengono a minoranze religiose o sono atei”.

Si potrebbe mutuare dalle lingue germaniche la dicitura di “Giorno del Sole”. O magari, visto che la domenica è importante per lo più perchè si gioca a calcio, lo si potrebbe chiamare “Pallonio”, per esempio.

Venerdì, sabato e pallonio non suona male, in effetti.

Insomma, c'è ancora tanto da fare.

E lo sa bene Soile Lautsi Albertin, cittadina italiana originaria della Finlandia che ha presentato il ricorso alla Corte di Strasburgo.

Già, la Finlandia. Che fa parte dell'Unione europea. E che la croce la espone addirittura nella bandiera.

È ora che finnici, svedesi, danesi, greci facciano sentire la propria voce contro questa palese violazione della laicità: una croce addirittura nella bandiera nazionale. Dai sessanta milioni di britanni, poi, che devono sopportare niente meno che una triplice croce nel proprio vessillo nazionale, è lecito aspettarsi un'insurrezione popolare.

Fonte

lunedì 26 ottobre 2009

a modo suo......



... è gia stato detto di tutto e di più in questi giorni di quello che è successo all'autosospeso (?) governatore del Lazio e non vorrei quindi dilungarmi ulteriormente su questa squallida faccenda anche se sarei tentato di parlare (e ce ne sarebbe da dire) sulla presunta moralità della sinistra italiana. Passiamo oltre.
Mi ha colpito invece il fatto che il Presidente del Consiglio abbia telefonato qualche giorno prima del patatrac all'utilizzatore finale di trans per riferirgli che qualcuno aveva cercato di vendere il video alla testata (mondadori) "CHI". Il presidente ha fatto la teleonata sicuramente per smarcare il suo gruppo editoriale da even­tuali accuse di aver gestito il fil­mato a fini politici, ma anche mostrare all’opposizione la sua volontà di non sfruttare uno scandalo sessuale come invece è successo nei suoi confronti.

Va beh, dopo questa considerazione aspettiamo con ansia la puntata di Anno Zero con invitata Natalie, le parodie di Zalone, gli articoli scandalizzati del Pais e le 10 domande di Repubblica.

venerdì 23 ottobre 2009

Impuniti

Libero ha lanciato un appello contro l’impunità dei giudici e per un effettiva responsabilità civile dei magistrati

Nel 1987 gli italiani hanno votato un referendum per decidere se introdurre una qualche forma di responsabilità civile anche per i giudici (80% di sì). Solo un anno dopo la cosiddetta Legge Vassalli, non tenne conto, di fatto, del risultato del referendum. Infatti fu previsto che il cittadino che abbia subito un danno ingiusto a causa di un atto doloso o gravemente colposo da parte di un magistrato non possa fargli direttamente causa ma debba invece chiamare in giudizio lo Stato per un eventuale risarcimento.

venerdì 16 ottobre 2009

PD - Pallottole Deficenti


"Ma santo cielo, possibile che nessuno sia in grado di ficcare una pallottola in testa a Berlusconi?"

A scriverlo su facebook è un dirigente del Pd modenese che ora, travolto dalla bufera, ha presentato le dimissioni al partito. Tra i suoi amici virtuali c’è un consigliere del Pdl che ha letto e aspramente criticato la frase contro il presidente del Consiglio.

Il protagonista delle vicenda si chiama Matteo Mezzadri, ha 22 anni e fino a pochi giorni fa era coordinatore a Vignola e membro della segreteria provinciale dei giovani democratici. Caduto nel vuoto l’appello dell’amico del web, ma rivale politico, si trova a gestire un guaio più grande di lui.

Bruno Rinaldi, consigliere provinciale Pdl, è invece il membro Pdl che si è scagliato contro la frase incriminata: «Un grave scivolone da parte di un esponente del Pd modenese, una autentica vergogna che si commenta da sè», ha detto.

Rinaldi insieme al consigliere regionale Enrico Aimi, hanno chiesto che a Mezzadri venisse tolto l’incarico: «Si vergogni e si dimetta, o almeno si penta ufficialmente».

Poche ore dopo il giovane del Pd si è dimesso: «Chiedo scusa a tutti, amici e meno amici, a partire da Berlusconi. E mi dimetto dalle cariche del Pd, attendendo dal partito eventuali provvedimenti. Il mio è stato un linguaggio che nessuno dovrebbe avere, tantomeno uno che si occupa non solo della propria vita, ma anche di quella degli altri».

Nessuna pietà per lui neanche dalle file del Pd modenese, che ha così commentato nelle parole del segretario provinciale Stefano Bonaccini: «Mezzadri è autore di gravissime dichiarazioni nei confronti del Presidente del Consiglio, di cui solo oggi il partito è venuto a conoscenza. Ogni forma di violenza, anche verbale, è inaccettabile. L’età e l’inesperienza non possono in alcun modo giustificare gesti di tale gravità. Mezzadri ha saggiamente deciso di dare le sue dimissioni. Se non lo avesse fatto avremmo provveduto noi a sospenderlo»
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mercoledì 14 ottobre 2009

Lesa Maestà


di Maurizio Belpietro- Quando le agenzie di stampa hanno battuto la notizia dell’apertura di un fascicolo giudiziario contro di me e Antonio Di Pietro, per vilipendio del presidente della Repubblica, devo confessarvi che la prima reazione è stata di dispiacere. Non tanto per essere stato messo nel mirino dalla magistratura: non è la prima volta e non farò cortei in nome della libertà di stampa. E nemmeno per aver dato un dolore a nonno Giorgio: non ho offeso Napolitano e neppure l’ho ingiuriato. Il dispiacere mi veniva dal fatto d’essere messo sullo stesso piano di Antonio Di Pietro: non ho dimestichezza con le manette, non ho restituito soldi in scatole di scarpe, che ho dunque da spartire con l’ex pm?

Superato però lo stupore per un simile accostamento e senza per questo ringraziare la procura della Repubblica di Roma, credo siano necessarie alcune considerazioni. Premetto che non sono un giurista, ma forse ho più buon senso di tanti costituzionalisti: non può sfuggire che a pochi giorni dalla bocciatura del lodo Alfano si scopre che in Italia c’è un cittadino più uguale degli altri. La Corte costituzionale ha bocciato lo scudo per le alte cariche dello Stato dicendo che non rispetta l’articolo 3 della Carta fondativa della Repubblica, in base al quale siamo tutti uguali di fronte alla legge. Noi già sapevamo, non per scienza ma per esperienza, che non era così. Ora i pm ci danno ragione. Un cittadino, quello che sta sul colle più alto, non è come tutti gli altri. Lui è addirittura esente da critiche e non può neppure essere sospettato di fare un po’ di vacanze. Qual è infatti la mia colpa? Cosa avrei scritto di così grave da essere sospettato di vilipendio del capo dello Stato?
Solo la notizia - proveniente da fonte autorevole e supportata da un contesto innegabile - che il presidente aveva fatto tardare l’arrivo in Italia delle bare dei soldati caduti a Kabul per farlo coincidere con il suo rientro dal Giappone e avere il tempo di gustare un piatto di fusillotti Rummo. Cosa c’è di grave? Del presidente del consiglio si può dire tutto e di quello della Repubblica no? Oppure offende parlare di fusillotti? Merito per questo cinque anni di carcere come prevede il codice penale? Scopro dunque che non solo Napolitano non può essere trascinato di fronte a un tribunale per ciò che avrebbe commesso, come accadde a Scalfaro, ma neppure può essere sfiorato dal sospetto d’essersi goduto una vacanza nel Sol Levante. E questa è una novità.


Ai tempi di Giovanni Leone l’Espresso dipinse il capo dello Stato come un clown, raffigurandolo in copertina vestito da pagliaccio, eppure nessuno aprì fascicoli per vilipendio. Ma forse è proprio qui il punto: probabilmente ci sono due pesi e due misure. Se le critiche al presidente le fa, rasentando l’ingiuria, un settimanale di sinistra, merita una medaglia. Se le fa, senza offendere nessuno, un giornale di centrodestra, al direttore tocca la galera. E qui veniamo alla seconda considerazione. Da settimane assistiamo a una campagna giornalistica contro il presidente del consiglio, accusato di minacciare la libertà di stampa con citazioni in giudizio. Repubblica e l’Unità, insieme con la Federazione della stampa, hanno portato in piazza decine di migliaia di persone per protestare contro il bavaglio ai giornali. Bene: ora li voglio vedere. Faranno qualcosa secondo voi? Grideranno alla censura, all’intimidazione, al regime? Chiederanno che sia abolito il reato di vilipendio del presidente? Il sindacato dei giornalisti (unico, come nei regimi) non ha espresso alcuna solidarietà a Libero, ha addirittura definito «sgradevole» quanto scritto dal nostro giornale e solo per salvare la faccia di bronzo ha detto che questa non è materia da tribunali. Bella forza, non lo è perché l’offesa non c’è.

I nostri Don Abbondio continuano a perseverare nell’errore, come hanno sempre fatto in questi anni, tacendo di fronte alle decine di querele che premier, ministri, sindaci e perfino sindacati hanno presentato contro di me e i giornali che ho diretto. Ebbene sì, confesso. Questa volta mi sacrifico volentieri all’ennesima denuncia, voglio essere processato. Così sarà possibile dimostrare quanta ipocrisia regna nelle redazioni e quanto l’ideologia di certi giornali abbia mascherato la realtà. Finalmente vedremo il colore di tanti colleghi e paladini della libertà che mi giudicano: il rosso. E mi auguro sia di vergogna, perchè non siamo al vilipendio ma al reato di lesa maestà e, per una volta, sono io che non ci sto.
da libero

martedì 13 ottobre 2009

Mr. Ooobaaamaaaa?


La casualità vuole che ci sia un altro post dedicato a Mr. Obama. Tutto nasce da una dichiarazione di Anita Dunn, direttore delle comunicazioni della Casa Bianca riferendosi alla rete Fox news: "Li tratteremo come un partito d'opposizione, poiché stanno conducendo una guerra contro Barack Obama e non possiamo far finta di pensare che questo sia il comportamento legittimo di un organo d'informazione".
.. è inutile negare che a noi italiani nasca spontaneo un parallelismo con la tanto discussa libertà d'informazione. Che gli succede al presidente degli Stati Uniti? Non vorrà mica comportarsi come il Silvio "duce" Berlusconi? Sarà stato sicuramente il nostro Premier a mettere strane idee in testa al President magari già quest'estate a L'Aquila?!? E poi lo sappiamo che Silvio ha il dente avvelenato con il proprietario della Fox, Rupert Murdoch!
Mi vedo già i vari giornalisti della Fox protestare e scioperare contro il governo americano colpevole di sopprimere la sacrosanta libertà d'informare.
...noi rimaniamo in attesa dei commenti dei giornalisti di casa nostra; come la metteranno adesso che il democratico Obama "strumentalizza" in questo barbaro modo la libera informazione statunitense?

venerdì 9 ottobre 2009

... della serie non sappiamo a chi darlo....


Stavo proprio leggendo alcuni articoli sul Presidente americano Obama (tra i quali questo ) quando vedo la notizia che gli è stato assegnato il premio nobel per la pace. Nessun tipo d'invidia per carità però sinceramente mi è sembrato eccessiva la motiviazione: per il suo straordinario impegno per rafforzare la diplomazia internazionale e la collaborazione tra i popoli. Il comitato dell'assegnazione dei premi ci aveva già meravigliato in precedeza nominando Dario Fo, Al Gore, Arafat e adesso... il messia nero. Forse il mancato ricevimento nei giorni scorsi al Dalai Lama ha fatto pendere l'ago della bilancia.
Va beh....rimaniamo in attesa del premio alla letteratura del 2010 al Dott. Antonio di Pietro.

Vauro, il Peggio senza Fine.

Ieri sera, ho guardato la trasmissione del sig. Santoro, spesso lo guardo quando voglio rafforzare la mia convinzione dell'utilità nell'equidistanza giornalistica per un servizio pubblico utile ai cittadini.
La trasmissione l'ho trovata ben fatta (come sempre del resto) e faziosa (come non potrebbe esserlo?!?).
Fin qui tutto bene -se così si può dire-
Sono circa le 23-30 quando Vauro fa capolino e inizia l'esposizione delle vignette, i soliti attacchi a senso unico al governo e alla persona di Silvio Berlusconi.
Arriva il turno di questa infamia:



Rimango basito di fronte a tanto schifo! si ha ancora impressa nella mente l'immagine delle vittime e Vauro cosa fà?
usa una tragedia (anzi due) per portare a termine la propria missione diffamatoria nei confronti del Premier!

Caro VAURO,
vuoi deridere il Presidente del Consiglio?
vuoi sputtanare chi lo vota? benissimo
ma per Favore non usare le sofferenze di famiglie che hanno perso tutto, spesso anche la vita!
Grazie.

venerdì 2 ottobre 2009

Nuove vittime!


Mentre la sinistra italiana moralizza e difende l'integrità di sora Patrizia, la gauche francese si scopre in preda alla sindrome della colpa collettiva e l'autoreferenzialità dei suoi pari di "intelletto"!
Polanski va difeso perchè è un intellettuale, egli non è ritenuto responsabile di un crimine, ma vittima anch'esso in quanto sopravvissuto alla shoà e vittima dell'omicidio della moglie e del figlio.
Nessuno, dico nessuno, ricorda che Polanski si macchiò di un crimine odioso.
Allora ricordiamolo noi:
Roman Polanski fece bere ad una tredicenne una bevanda contenente dei sonniferi, la fece ubriacare e quando fu incosciente la sodomizzò.
Ai miei occhi l'aver subito violenza non lo giustifica ad infliggerla.

AUGUSTA MONTARULI - da ANNOZERO con la SCORTA




Ieri sera ad Anno Zero di Patrizia D'addario, in un intervento Augusta Montaruli ha dato sfogo alla sua idea di "POLITICA":

«Noi veniamo dalla militanza, dall'impegno nelle strade. Dai volantinaggi. Dalle notti insonni a produrre documenti politici...»
«La politica? Non è mica un mestiere. Non tutti i nostri ragazzi lo fanno per andare in Parlamento»
e ancora,
«In questo paese dove le banche negano il credito alle imprese - ha gridato Augusta - dove noi ragazzi per comprare una casa ci indebitiamo per quarant'anni, invece di parlare di futuro, parliamo tutta la sera di una escort»

ma chi è Augusta?
facciamo chiarezza: 24 anni. Dirigente nazionale Pdl, avvocato...
da un intervista alla "Stampa" del 6-6-2008

Augusta, lei è fascista?
«Nooo. Non sono fascista. Sarebbe ridicolo, oggi. Sono di destra e faccio politica da quando ho 16 anni».
Sotto «scorta» da quanto?
«Da quando ho iniziato l’università. Quattro anni. Tre amici del mio gruppo mi difendono da insulti e da aggressioni. A Torino è impossibile fare politica in modo non-violento. I pochi autonomi, quelli della sinistra ormai extraparlamentare non possono accettare che ci siano persone che la pensano diversamente. E hanno trasformato Palazzo Nuovo in un centro sociale».
Dunque, niente esame di procedura penale.
«Già. Ed è la prima volta che mi accade. Ma è normale che uno studente che va a sostenere un appello sia accolto da slogan, insulti, lanci di uova? Abbiamo subito istituito un presidio per non bloccare gli appelli, come avrebbero voluto gli autonomi, in nome degli incidenti alla Sapienza. Un pretesto. Ma intanto la giornata è persa».
L’odio politico è così intenso? Quando lei, fuori da presidi o altro, incontra in un corridoio, il «leader» degli autonomi, che succede, vi salutate o no?
«Macchè. Io lo guardo fisso, e per principio saluto tutti. Ma lui finge di non vedermi, come se non esistessi. Anche questa è una forma di violenza».
Ha paura?
«Affatto. E non mi lascio intimidire da quella esigua minoranza, sempre più mini. Anzi, una notizia: una volta presa la laurea in Legge, fra poco, mi iscrivo subito a Lettere. Voglio difendere i nostri spazi, per gli altri studenti».
E con le ragazze di sinistra? Sempre muro contro muro?
«Autonomi e comunisti sono maschilisti. I “capi” sono tutti uomini. Fateci caso. Le donne obbediscono. Il buffo è molti miei amici sono di sinistra e non ci sono problemi. Ci mancherebbe. Quando esco con loro, temo di incontrare gli estremisti. Non voglio che altri siano coinvolti in questo clima di violenza».


Riporto questo link per il caso di "lancii di uova":
Inserisci linkUNIVERSITA’:UOVA CONTRO GIOVANE AN A TORINO,RINUNCIA A ESAMI

Trovo incredibile che una ragazza, spinta dalla propria passione, debba subire questi attacchi squadristi e fascisti da persone che vogliono prevalere con l'uso della forza!
sarà una minoranza tra i cosidetti "antigovernativi"????
mha!
io lo spero, ma dai commenti che riporto dal video di Youtube mi sembra che le uova siano solo l'antipasto!
Lirrm
Che squilibrata. Il problema di questi personaggi grotteschi è che non si accorgono nemmeno di venir usati da Santoro per rendere ancora più ridicola, se possibile, la propria parte politica.

emianzzz
...ma poi.. te puoi chiamà AUGUSTA MUNTARULI.. cazzo de nome..

emianzzz
che monnezza regà!! l'ho vista in diretta ieri sera sta cretina e non potevo crederci.. Travaglio era BASITO..
questa sta fori coll'accuso!! bisogna fermare ste cagne e sti giovani servi della P2..
e questa è una parte di generazione italiana.. mammamea.
mescassatoc
ridicola, ma non se ne rende conto o si?
ma quanta coca o anfetamina ha preso?
Lo specchio tipico degli squadristi, cani da presa...
anzi cagna.

Zz0tt
logorroica puttana del cazzo

Melkor89
Questo è il modello di italiano che il signor Berlusconi vuole imporre: ignorante, attaccabrighe e totalmente sottomesso al volere del padrone. Ecco spiegati gli anni di rincoglionimento di massa a base di Grandi Fratelli e orsi Knut.

munich84ss
poveraccia scommetto che è così acida perchè è talmente un cesso che silvio non lì darà neanche un posto da sguattera a palazzo grazioli!


mi sembra tutto..

Cara Augusta, ti ringrazio per la "battaglia" che stai facendo, non mollare!

mercoledì 30 settembre 2009

Antiberlusconismi! "questa è casa sua"



Come molti sapranno, il Premier Silvio Berlusconi, nella mattinata di ieri ha telefonato alla trasmissione "uno mattina", prima di chiudere la telefonata il giornalista conduttore ha salutato il presidente definendo il programma "Come casa sua"...
non l'avesse mai fatto!
Servo!
Suddito!
riportiamo alcuni link a quotidiani:
repubblica:
“Uno mattina” consente al presidente del Consiglio di intervenire telefonicamente in trasmissione con un pretesto. Ecco allora Susanna Petruni (promossa sul campo vicedirettore del Tg1 per il suo sfegatato tifo pro-Cavaliere) sprofondersi in auguri per il genetliaco del papi-padrone. E allora il presidente del Consiglio, cui evidentemente non è bastata l'abbuffata a “ Porta a Porta”, replica: “ Chiamatemi più spesso, perché così mi sento meno solo”. Gli risponde entusiasta l'altro conduttore, Stefano Ziantoni: “ Siamo qui ogni mattina, questa è anche casa sua!”. E il Cavaliere: “ Vi prendo in parola”.
Il messaggero:
...«Il buongiorno di Unomattina - secondo Luigi Lusi (Pd) - è stato misero e squalificante per l'Abruzzo, per la Rai e per la rete ammiraglia»
...«Quanto accaduto oggi ad UnoMattina - dice Fabio Evangelisti, vicepresidente del gruppo di Italia dei Valori alla Camera - è un vergognoso e patetico siparietto, la dimostrazione dello stato penoso in cui versa l'informazione nel nostro Paese»
...«Alla redazione di 'Unomattinà - osserva poi Vinicio Peluffo, componente democratico della Vigilanza - vorremmo ricordare che tra gli scopi del servizio pubblico non è previsto il sostegno psicologico ai premier in crisi. Per quello, se proprio vogliono, esistono le utenze private. Oppure, le tv commerciali, tanto più che, come noto, molte di esse appartengono al gruppo della sua famiglia».
caspita... parole grosse!
ma guardate cosa scopro seguendo il fantastico blog - DAW:

eh.... si anche Bersani ha ricevuto egual trattamento.
Quando si tratta di Berlusconi gli animi si scaldano e le menti si annebbiano!

LEGGERE ''Magistrati, l'ultracasta'' (Bompiani)



"In Francia la giustizia funziona con un costo di 53 euro all'anno"
''L'Italia dispone di 1.292 tribunali. Che sono piu' dei 595 dell'Inghilterra, dei 703 della Spagna, dei 773 della Francia e anche dei 1.136 della Germania (frutto della riunificazione di due paesi)
in ITALIA 13,7 giudici professionali per ogni 100 mila abitanti. La Francia ne ha 11,9, la Spagna se ne fa bastare 10,1 e l'Inghilterra addirittura 7, per non parlare di Danimarca (6,6) e Irlanda (3,1).
Accanto alle toghe, sono pagati a vario titolo per lavorare nella aule dei nostri tribunali 27.067 addetti. Poco meno del doppio di quanti ne impiega la Francia (15.199). Cinque volte piu' di quelli arruolati in Olanda (5.160). Poco meno della meta' rispetto al gigante russo (62.075). Il risultato e' che in Italia ogni magistrato gestisce 4,2 addetti. Una piccola corte di valletti. Che non esiste negli altri paesi: la Francia sta a quota 2, l'Olanda a 2,5 e la Germania a 2,9''.
Quanto ci costa?''se si sommano gli stanziamenti per i tribunali, quelli per i pubblici ministeri e quelli per il patrocinio per i non abbienti viene fuori, per ogni italiano, un conto da 70 euro.
MINISTRO BRUNETTA... buon lavoro!

C.A.S.E. IL miracolo!




C.A.S.E. è l'acronimo di Complessi Antisismici Sostenibili Ecocompatibili, il piano per la progettazione e realizzazione di nuove abitazioni a L'Aquila da destinare ai colpiti del sisma dello scorso 6 aprile. I complessi potranno fornire una sistemazione a circa 18.000 persone. I primi appartamenti sono stati consegnati oggi; gli altri saranno disponibili entro la fine dell'anno. In totale gli appartamenti saranno circa 4.600, suddivisi in gruppi di 25-30 abitazioni per ogni edificio. I complessi previsti dal Progetto C.A.S.E sono veri e propri quartieri formati da abitazioni circondate dal verde e dotate di tutti i servizi. Sono costruzioni prefabbricate, realizzate in diversi materiali: legno lamellare, calcestruzzo precompresso, laterizi oppure metallo isolato termicamente. Costruite su due o tre piani, hanno diversa metratura in base alla composizione dei nuclei familiari. Quando la vera e propria ricostruzione sarà completata, questi quartieri potranno essere riutilizzati in futuro come residenze per studenti o sistemazioni turistiche.

venerdì 25 settembre 2009

Afghanistan... restare o andare?


Chi chiede cosa ci stanno a fare i militari italiani e quelli della NATO in Afghanistan, dovrebbe guardare negli occhi queste bambine, e leggere questo:

"Kabul - Il 23 marzo riaprono le 9mila scuole afghane per una frequenza record di 6,5 milioni di studenti. Il 35% sono bambine, alle quali il regime talebano ha impedito l’accesso all’istruzione fino alla sua caduta nel 2001". AsiaNews, 3 marzo 2008.

Perché i Talebani, ispirati dall'ideologia del Mullah Omar tanto cara anche a Osama Bin Laden e ai terroristi di Al-Qaeda, facevano anche questo.

Certo, la rinascita del popolo afghano e la parità di diritti per le donne afghane hanno davanti a sé una strada ancora lunga e hanno un prezzo molto alto, in termini di dolore, sacrifici, sangue.

Ma i quasi due milioni e mezzo di donne che stanno imparando a leggere e a scrivere e a conquistarsi un posto dignitoso nella società afghana rappresentano la vera sfida mortale all'ideologia talebana.

Queste righe sono tratte da un blog (clicca qui) e vi invito a leggere il post per intero.

mercoledì 23 settembre 2009

Libertà di stampa secondo D'Alema


Ieri sera, dopo avere visto l'intervista delle "iene" a D'Alema dove molto simpaticamente afferma che non si definirebbe ancora «un comunista» ma «un democratico e anche socialista» (!) e che in passato sarebbe stata possibile un'alleanza con Bettino Craxi mi è tornato in mente un editoriale di Pansa di pochi giorni fa che ha come protagonista l'"eminenza grigia" della sinistra e che vi invito a leggere:

«I giornali? È un segno di civiltà non leggerli. Bisogna lasciarli in edicola». Chi ha sentenziato così? Il maledetto Caimano, ossia Silvio Berlusconi? Macché, è stato il democratico Massimo D’Alema. Max ha anticipato tutte le ire del Cavaliere nei confronti della carta stampata. Con assonanze sorprendenti. Compresa la strategia di darci dentro con le cause civili e le richieste astronomiche di danni.

La prima scena risale al 31 ottobre 1992. Aeroporto di Lecce. Incontro D’Alema che aspetta il volo per Roma. È mattina presto, ma lui già schiuma di rabbia contro una masnada di pessimi soggetti. I giudici di Mani Pulite. Gli editori. I giornali e i giornalisti. Primo fra tutti, Eugenio Scalfari, direttore di “Repubblica”. Ringhia: «Scalfari ha leccato i piedi ai democristiani che stavano a Palazzo Chigi, da Andreotti a De Mita. E adesso fa il capo dell’antipartitocrazia».

Quarantotto ore dopo, intervistato dal “Giorno”, Max si scaglia di nuovo contro “Repubblica”: «Che cosa si vuol fare? Cacciare deputati e senatori, per lasciare tutto in mano a Scalfari?». Un vero figuro, Barbapapà. Anche perché è in combutta «con quell’analfabeta di andata e ritorno che si chiama Ernesto Galli della Loggia». “Repubblica” prova ad ammansire D’Alema. Però il 13 novembre lui replica: «Ormai i giornali sono un problema in Italia, esattamente come la corruzione».

La rabbia dalemista ha un motivo: siamo in piena Tangentopoli e la stampa dà spago al pool di Mani Pulite. In un’intervista a “Prima Comunicazione” che in seguito citerò, Max dirà parole di fuoco sui giornali: «Si sono comportati in modo fazioso, scarsamente rispettoso dei diritti delle persone. Hanno alimentato una circolazione impropria di segreti giudiziari e il narcisismo della magistratura. La loro responsabilità morale è stata enorme: verbali, pezzi di verbali, notizie riservate sono diventati oggetto di uno sfrontato mercato delle informazioni. Uno spettacolo di iattanza indecente. Ha ragione la destra quando dice che c’è un circuito mediatico-giudiziario che ha distrutto delle persone».

Il 13 aprile 1993, la rabbia di Max sembra al culmine. Dice: «In questo Paese non sarà mai possibile fare qualcosa finchè ci sarà di mezzo la stampa. La prima cosa da fare quando nascerà la Seconda Repubblica sarà una bella epurazione dei giornalisti in stile polpottiano». Ossia nello stile del comunista Pol Pot, capo dei khmer rossi, il sanguinario dittatore della Cambogia.

Ma la nuova Repubblica nasce sotto un segno che a Max non piace: la vittoria di Berlusconi nel marzo 1994. Achille Occhetto si dimette da segretario del Pds e a Botteghe Oscure s’insedia D’Alema. Per qualche mese, il nuovo incarico lo obbliga a un minimo di cautela. Ma la sua avversione per i giornali non è per niente svanita.
La granadi Affittopoli

Nel giugno 1995, intervistato da Antonio Padellaro per “L’Espresso”, riprende a ringhiare contro «l’uso spesso selvaggio dell’indiscrezione giudiziaria». E conclude che le cronache su Tangentopoli hanno «consumato quel poco di rispetto per lo stato di diritto e di cultura liberale esistente da noi. Il danno prodotto è stato enorme. Provo fastidio per il comportamento dei giornalisti: non aiuta di certo l’immagine dell’Italia».

Il 1995 sarà un anno terribile per D’Alema e per Veltroni, direttore dell’“Unità”. Però Max non presagisce nulla. Il suo giornalista preferito è un televisionista: Maurizio Costanzo. In luglio, la Botteghe Oscure incaricano Costanzo di “stilare le nuove regole” dell’informazione. E D’Alema lo vuole accanto a sé nella Festa nazionale dell’Unità a Reggio Emilia. Insieme presentano il primo libro di Max, “Un paese normale”, stampato dalla Mondadori di Berlusconi.

La tempesta scoppia alla fine di agosto. È lo scandalo di Affittopoli, sulle case di enti pubblici ottenute dai politici a equo canone. Più saggio di Veltroni che strilla, ma resta dov’è, D’Alema trasloca. E sceglie la trasmissione di Costanzo per annunciare il passaggio in un altro appartamento.

Ma il suo disprezzo per la carta stampata resta intatto. Arrivando a coinvolgere politici incolpevoli. In quell’autunno dice di me: «Pansa si fa leggere sempre, ma ha un difetto: non capisce un cazzo di politica. C’è uno solo in Italia che ne capisce meno di lui: Romano Prodi».

Nel dicembre 1995, Max affida a “Prima comunicazione” il suo lungo editto contro i giornali. Intervistato da Lucia Annunziata, spiega di sentirsi una vittima: «Due giornalisti mi tengono e il terzo mi mena». «Il livello di faziosità e di mancanza di professionalità è impressionante». «Non esiste l’indipendenza dell’informazione: i giornali non sono un contropotere, ma un pezzo del potere. E come tali sono inattendibili». «Il loro compito è la destrutturazione qualunquista della democrazia politica». «Gli editori si contendono a suon di milioni i giornalisti più canaglia».

Al termine del colloquio con l’Annunziata, prima dell’invito a non acquistare i giornali, D’Alema annuncia come si comporterà in futuro: «Se dovrò dire qualcosa di importante, lo dirò alla gente, non ai giornali. Andrò alla televisione. Mi metto davanti a una telecamera con la mia faccia, con le parole che decido di dire, senza passare per nessun mediatore. Se parli con la stampa, sei sicuro di perderci».

Per coerenza, il 5 aprile 1996, alla vigilia delle elezioni politiche, D’Alema va in visita ufficiale a Mediaset. Accanto a Fedele Confalonieri, dice: questa azienda «è una risorsa del Paese». E rassicura i dipendenti: «Se vincerà l’Ulivo, non dovrete temere nulla. Mediaset è un patrimonio di tutta l’Italia!».

L’Ulivo vince. Max spiega a Carlo De Benedetti: «Hai visto? Abbiamo vinto nonostante i tuoi giornali!». Ma D’Alema si sente prigioniero del Bottegone. Vorrebbe stare lui al governo. Prodi e Veltroni non gli piacciono. Sono «i due flaccidi imbroglioni di Palazzo Chigi». Poi la sua ostilità torna verso la stampa. In luglio tuona contro «il giornalismo spazzatura». E alla fine del mese, alla Festa dell’Unità di Gallipoli spiega: «Ormai c’è qualcosa di più che il normale pettegolezzo giornalistico, tendente ad alterare la verità. Ci sono lobby, interessi, gruppi che pensano spetti a loro dirigere la sinistra italiana».

Il 2 agosto, durante la bagarre parlamentare sul finanziamento pubblico ai partiti, D’Alema ringhia ai cronisti: «Scrivete pure quello che vi pare, tanto i giornali non li legge nessuno. E anche voi contate poco: prima o poi vi licenzieranno». A imbufalirlo è sempre il ricordo di Affittopoli e quel che ritiene di aver subito dalla carta stampata: «Giornalismo barbarico, cultura della violenza, squadrismo a mezzo stampa».

Perché Max si comporta così? In un’intervista citata dal “Foglio”, Veltroni prova a spiegarlo: «Io sono gentile con i giornalisti. Dovrei fare come D’Alema che li chiama somari per ottenere la loro supina benevolenza». Ma forse esiste un problema nascosto: una forma inconsapevole di autolesionismo che spinge Max a cercarsi sempre dei nemici.
Basta processi penaliMeglio “ricchi risarcimenti”

Una sera del novembre 1996, dice a Claudio Rinaldi, direttore dell’ “Espresso”: «Fate una campagna sguaiata contro di me. Vi mancano solo Michele Serra e Curzio Maltese, poi sarete al completo. L’unica critica fondata che potreste farmi è di aver messo Prodi a Palazzo Chigi». Quindi spara su Berlusconi: «Mi sta sul cazzo come tutti i settentrionali. È un coglione ottuso. La sua stagione è finita».

Il 1997 si apre con la causa civile che Max intenta all’“Espresso”. Per aver rivelato la piantina della sua nuova casa, ci chiede un miliardo di lire. Non lo frena neppure l’onore di presiedere la Bicamerale. Il 5 maggio scandisce a Montecitorio un anatema globale: «L’ho detto una volta per tutte, con validità erga omnes, con valore perpetuo: quello che scrivono i giornali è sempre falso».

Alla fine di novembre si scatena contro l’Ordine dei giornalisti. Bisogna abolirlo, dice Max, visto che non garantisce la correttezza professionale. Poi nel gennaio 1998 annuncia di aver scovato l’arma finale per sistemare la carta stampata. È di una semplicità elementare: niente più processi penali ai giornalisti, bisogna instaurare «un sistema che consenta una rapida ed efficace tutela in sede civile e che preveda consistenti risarcimenti patrimoniali».

Detto fatto, ecco in data 10 febbraio 1998 la causa civile di Max al “Corriere della sera” per quanto ha scritto «su un fantomatico piano D’Alema per il sindacato». Richiesta: due miliardi di lire. La sinistra non va in piazza a protestare. Eppure Max pretende dal «convenuto Ferruccio de Bortoli» anche il giuramento decisorio. Vale a dire che deve giurare di aver scritto la verità a proposito delle intimidazioni dalemiane sugli azionisti di via Solferino.

Quale sorte ebbe questa causa? Confesso di non ricordarlo. Ma che importanza ha scoprirlo? D’Alema aveva tracciato un solco che, anni dopo, anche l’odiato Cavaliere avrebbe seguito.

fonte

martedì 15 settembre 2009

Lotta all’evasione: +47% riscossioni rispetto al 2008. Ma non era il governo pro evasione?


Tante chiacchiere dei sinistri che accusavano il governo Berlusconi come fiancheggiatore dell'evasione fiscale!
ma come al solito i fatti sono diversi da come li raccontavano!

infatti:
Nei primi otto mesi del 2009 il fisco italiano ha riscosso, in seguito ad accertamenti anti-evasione, 2,8 miliardi di euro, con un incremento del 47% rispetto allo stesso periodo del 2008, quando erano stati incassati 1,9 miliardi di euro. Lo ha riferito il direttore dell’Agenzia delle Entrate, Attilio Befera, intervenendo alla Fiera del Levante di Bari ad un convegno sul contrasto all’evasione fiscale.

I NUMERI – «I numeri ci dicono che abbiamo imboccato la strada giusta» ha commentato Befera. Nel 2009, secondo i dati forniti dall’Agenzia delle Entrate, sono cresciuti i versamenti diretti: da 1,3 a 2,1, miliardi di euro. Il numero di interventi esterni (verifiche e controlli mirati) è stato di 6.596, compresi gli interventi di contrasto dei fenomeni fraudolenti. Nei primi 8 mesi del 2009 il numero di accertamenti di Imposte Dirette, Iva e Irap, esclusi accertamenti parziali automatizzati, è stato di 173.600 contro i 161.500 dello stesso periodo del 2008. È cresciuta la somma della maggiore imposta accertata: da 5,8 miliardi di euro dei primi 8 mesi del 2008 a 10 miliardi dello stesso periodo del 2009.

martedì 8 settembre 2009

Angelo Rizzoli -" il più forte mangia il più debole"

Roma, 8 settembre 2009 - Angelo Rizzoli, ex proprietario del Corriere della Sera, chiederà 650 milioni di euro di risarcimento a Giovanni Bazoli, Piergaetano Marchetti, Giuliano Zuccoli e Giovanni Arvedi, responsabili a suo avviso di averlo strangolato finanziariamente per portargli via l’azienda. Lo annuncia in un’intervista al quotidiano «Libero», nella quale sferra un duro attacco ai responsabili di quella vicenda.


«Hanno rovinato la mia vita - afferma -. Ho passato 26 anni infernali. Mi hanno depredato dei miei beni. Hanno distrutto la mia reputazione. Mi hanno mandato in galera per tre volte in cinque carceri diversi. Mi hanno dipinto come un incapace che ha dilapidato il patrimonio e il buon nome della famiglia e del Gruppo Rizzoli. Ora che la Cassazione mi ha assolto definitivamente da tutte le imputazioni e ha riconosciuto che non ho commesso alcun reato, è venuto il momento di fargliela pagare a tutti responsabili».

Rizzoli ricorda che al vertice della cordata Gemina che rilevò il Corriere c’era, oltre a Bazoli, il professor Guido Rossi «che agiva in strettissima collaborazione con Cesare Romiti». Lo stesso avvocato Gianni Agnelli, ricorda Rizzoli, gli telefonò: «Siamo nel mondo degli affari dove vale la legge della giungla: il più forte mangia il più debole. E lei, dottor Rizzoli, in questo momento è il più debole». «Con la vicenda Corriere ho perso 26 anni di vita - prosegue Rizzoli -. Mio padre ci è morto d’infarto nel 1983, mia sorella Isabella, la più piccola, si è suicidata nel 1986. Porto i segni sulla pelle di quello che mi hanno fatto».

lunedì 7 settembre 2009

Michael Moore - ci fa la predica, ma per politica si pùo ridere della morte


IL Regista tanto amato dalla sinistra Italiana è arrivato a Venezia,
come si poteva immaginare, ci ha fatto la predica...
vuol fare capire agli Italiani (alla maggioranza) che sbaglia a votare Berlusconi!
Azz che bravo!
"VENEZIA - "Cercate di risolvere il problema Berlusconi e fatelo in fretta, perché non ci state facendo una bella figura, come italiani"

La cristallina coscienza del sig. Moore si dimentica di ricordare che nell'Agosto 2008
per opportunismo politico, rise, augurandosi che l'uragano Gustav si abbatesse sulla convention dei tanto odiati repubblicani.

"La prova che Dio esiste: il tornado Gustav"
fonte

In effetti nel CAMPO delle BRUTTE figure, MICHAL MOORE non si fà mancare nulla!

nella vignetta:
"Vorrei ringraziare
l'Academy per la
promozione del mio film,
agevolandone il mercato...

e per avermi dato
la possibilità di sputare sull'America, il paese che ha reso possibile tutto questo...
Grazie..."

SS - SinistraSinistrata


Fondi ai politici del Centrosinistra, l’inchiesta di Bari: prostitute, tangenti, appalti e cocaina
“Sinistra” e “ipocrisia“; “sinistra” e “menzogna“: veri e propri sinonimi.
Maria Teresa Meli, all’indirizzo di Massimo D’Alema:
C’è chi ricorda che anche lei, come altri esponenti del centrosinistra, aveva la querela facile e il dente avvelenato contro i giornalisti. Non sembrerebbe quindi un’esclusiva di Silvio Berlusconi.
leggi

“Questo accostamento è insensato. Quando sono diventato presidente del Consiglio ho rimesso tutte le querele”.

Infatti D’Alema, quando era Presidente del Consiglio, querelò Giorgio Forattini per una vignetta.
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Non c’è niente da fare: a sinistra sono tutti cazzari.
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Dieci domande ad Ezio Mauro, l’evasore fiscale.
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Ci mancava solo il "quasi" dimenticato "LEI non sà chi sono io"! grande Franceschini!
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sarebbero questi i nostri fari di moralità?
meglio papi!
povera Sinistra Sinistrata...

mercoledì 2 settembre 2009

Querele buone e querele cattive


Oggi, la bomba del giorno è la seguente:

Berlusconi cita Unità per danni per 2 mln su servizi scandali - Reuters Italia -

Berlusconi cita anche l'Unità «Nessun problema di erezione» Il Secolo XIX

BERLUSCONI: CHITI, CON GIORNALI SI POLEMIZZA MA NON LI SI DENUNCIA - Agenzia di Stampa Asca

INFORMAZIONE: L'UNITA', COME FECE FASCISMO BERLUSCONI VUOLE CHIUDERE l'UNITA' - adkronos

Caspiterina! sono tutti sorpresi e incazzati, perchè il premier, credendo di essere stato diffamato, ha citato un giornale, anzi due (anche Repubblica),
ma che problema è ?!?!
Avete la coscenza pulita? bene, allora potete stare tranquilli!
Avete scritto solo "fatti" e non "puttanate"?
benissimo, nessuno potrà farvi pagare nulla!

LA LIBERTA DI STAMPA non è LIBERTA di DIFFAMARE!
...poi mi chiedo, ma SILVIO BERLUSCONI è l'unico politico ad aver Citato per danni alcuni giornali?
guarda guarda cosa scopro:

...Mai però ai livelli di Antonio Di Pietro, il leader Idv che è stato magistrato e avvocato e quindi è di casa nelle aule di tribunale (anche se poi ci manda il suo fidato Sergio Scicchitano, legale, consigliere Anas, esponente politico naturalmente dell’Idv). Di Pietro usa querelare avversari politici, giornali, civili, tutti. Anche per «offese» molto discutibili. Si può obiettare che la copertina del settimanale sportivo torinese del gennaio 1997, il defunto Piemonte sportivo (una grande foto dell’ex pm sormontato dalla dicitura «Arbitro cornuto») non fosse proprio un modello di umorismo british, ma Di Pietro non ci rise su, affatto, chiamò subito il suo avvocato per sporgere querela. Le redazioni raggiunte dalle lettere dei legali di Tonino sono una schiera, veramente bipartisan: nel 1997 querelò l’Unità diretta da Peppino Caldarola, un mese dopo toccò ai giornalisti del Tg4, poi a il Giornale (un’abitudine), poi a Panorama, ma poi pure a Repubblica. Incredibilmente non portò in tribunale Novella 2000, per una copertina che giudicò solo «una goliardata». Ma ci mancò poco perché, spiegò nella lettera al giornale di gossip, «ho fatto centinaia di querele in questi anni, ma per un obiettivo serio: difendere la mia reputazione e il mio onore». Libertà di espressione, ma guai a chi li tocca.

Leggete invece come commenta ora la vicenda dell'Unità:
Di Pietro "Ecco la dittatura di ritorno, e dalle carte bollate all’olio di ricino il passo è breve. Oggi è toccato a l’Unità, ieri a noi dell’Italia dei valori, nei giorni scorsi nel mirino sono finiti la Repubblica e la stampa estera". Usa parole forti Antonio Di Pietro, che aggiunge: "Insomma, come accade in tutti i peggiori regimi, chi non si allinea viene colpito. Esprimiamo solidarietà al direttore responsabile de l’Unità e ai suoi redattori, colpevoli soltanto di aver svolto bene il loro lavoro".

CHE SCHIFO!

lunedì 31 agosto 2009

CERTI COMUNISTI MENTONO E NON RINUNCIANO MAI ALLE FIGURACCE

Mario Adinolfi (giornalista, PD) aveva pubblicato la notizia già nel 2005.

Pare che - 20 settembre 2005
"Pare che il direttore di un quotidiano cattolico abbia ricevuto un decreto penale di condanna. Ma non oggi, l'anno scorso. Tutti i giornali ne sono a conoscenza, a Roma se ne chiacchiera con gusto giusto da un anno, ma per quello strano patto che fa sì che i direttori di giornali si proteggano tra loro, sui giornali non troverete una riga sull'argomento.

Il decreto penale di condanna è il 241 dell'annus domini 2004, reso esecutivo il primo di ottobre dello stesso anno. Il tribunale che l'ha emesso è il tribunale di Terni e il giudice che l'ha firmato ha uno strano cognome, da ironie del destino: Fornaci.

E' lo stesso Fornaci a firmare il 23 agosto 2005 una strana risposta all'istanza di chi chiede formalmente di conoscere gli atti del procedimento. Fornaci scrive che sì, è vero che esiste un articolo del codice di procedura penale (il 116, per la precisione) che afferma che possa accedere agli atti di un procedimento penale "chiunque vi abbia interesse"; ma in questo specifico caso prevale "una prioritaria tutela del diritto alla riservatezza delle parti (imputato e parte offesa) le cui pregresse vicende interpersonali rischierebbero di determinare - se divulgate - un irreparabile danno alla persona".
Insomma: i giornali non ne scrivono, per un anno la storia riesce a rimanere sepolta, il tribunale si barrica dietro ad una fantomatica tutela del diritto alla riservatezza dell'imputato. Ma qui monta la curiosità. C'è un direttore di un quotidiano cattolico che subisce un decreto penale di condanna di cui non si può sapere nulla perché altrimenti le "pregresse vicende interpersonali" tra lui e la parte offesa gli creerebero dei danni.
Direttore, vuole raccontarci lei cosa è successo?"

Quindi Vittorio Feltri non ha inventato un bel niente.
Ora per onestà intellettuale vada a correggere il suo blog, se ha fegato.
LA CLAVA MEDIATICA: CLAMOROSO, IL CASO BOFFO E' UNA BUFALA INVENTATA DA IL GIORNALE

O forse la vostra tanto sbandierata libertà di stampa serve solo per infangare una certa parte politica?

Boffo si dovrebbe vergognare... L'Avvenire , seguendo la linea cattolica, ha da sempre criticato le scelte omosessuali e le coppie gay; adesso si scopre che il suo direttore e' un noto omosessuale che insidia un uomo sposato con una regolare famiglia...

venerdì 28 agosto 2009

Da supercensore, a condannato per molestie.



L'avvenire, (giornale diretto da DINO BOFFO) non ha risparmiato commenti al premier, per il "suo stile di vita" vediamo quanto riportato da repubblica:

L'Avvenire contro Berlusconi "Suo stile di vita ci mette a disagio"
ROMA - "La gente ha capito il disagio, la mortificazione, la sofferenza che una tracotante messa in mora di uno stile sobrio" ha causato alla Chiesa cattolica. Lo sottolinea, nel suo terzo intervento in poche settimane, il direttore di Avvenire, Dino Boffo, rispondendo a una nuova lettera di un sacerdote sul dubbio che i pronunciamenti ecclesiastici sulle "vicende morali" del presidente del Consiglio "non siano stati sufficientemente netti".
Poi con sorpresa scopriamo dal "giornale" che chi si sentiva" a disagio", non razzola proprio bene come invece predica:
«Articolo 660 del Codice penale, molestia alle persone. Condanna originata da più comportamenti posti in essere dal dottor Dino Boffo dall’ottobre del 2001 al gennaio 2002, mese quest’ultimo nel quale, a seguito di intercettazioni telefoniche disposte dall’autorità giudiziaria, si è constatato il reato». Comincia così la nota informativa che accompagna e spiega il rinvio a giudizio del grande moralizzatore, alias il direttore del quotidiano Avvenire, disposto dal Gip del Tribunale di Terni il 9 agosto del 2004.
....«...Il Boffo - si legge - è stato a suo tempo querelato da una signora di Terni destinataria di telefonate sconce e offensive e di pedinamenti volti a intimidirla, onde lasciasse libero il marito con il quale il Boffo, noto omosessuale già attenzionato dalla Polizia di Stato per questo genere di frequentazioni, aveva una relazione. Rinviato a giudizio il Boffo chiedeva il patteggiamento e, in data 7 settembre del 2004, pagava un’ammenda di 516 euro, alternativa ai sei mesi di reclusione. Precedentemente il Boffo aveva tacitato con un notevole risarcimento finanziario la parte offesa che, per questo motivo, aveva ritirato la querela...»...
chi la fà, l'aspetti.....

mercoledì 26 agosto 2009

FU LEGITTIMA DIFESA



STRASBURGO - Il carabiniere che nel luglio del 2001 uccise Carlo Giuliani durante il G8 di Genova ha agito per legittima difesa. Questo è quanto ha stabilito la Corte europea dei diritti dell'uomo in una sentenza resa pubblica oggi. I giudici di Strasburgo hanno quindi accettato la versione delle autorità italiane su come si sono svolti i fatti inerenti la morte del giovane.

Secondo la sentenza, infatti, il militare che sparò a Giuliani non è ricorso a un uso eccessivo della forza, ma ha risposto a quello che ha percepito come un reale e imminente pericolo per la sua vita e quella dei suoi colleghi. La Corte ha dato invece ragione ai familiari di Carlo Giuliani riconoscendo come l'Italia avrebbe dovuto svolgere un'inchiesta per stabilire se il fatto potesse essere ascrivibile a una cattiva pianificazione e gestione delle operazioni di ordine pubblico. Per questo i giudici hanno stabilito che lo Stato dovrà risarcire 40.000 euro ai genitori di Carlo Giuliani.

Infine i giudici di Strasburgo hanno ritenuto che, a differenza di quanto sostenuto dalla famiglia Giuliani, il governo italiano abbia cooperato sufficientemente con la Corte, consentendo di condurre un appropriato esame del caso. Nessuna violazione, dunque, dell'articolo 38 della convenzione che impone agli Stati contraenti di fornire tutte le informazioni richieste dai giudici di Strasburgo.

lunedì 24 agosto 2009

Il partigiano anti-Chavez


Bene che vada, Roberto Micheletti Bain farà il presidente dell’Honduras per sette mesi al massimo, scadendo il suo mandato improrogabilmente il 27 gennaio 2010, giorno in cui egli consegnerà la fascia di capo dello Stato al vincitore delle presidenziali previste per il 29 novembre prossimo. Eppure sostenitori del deposto presidente Manuel Zelaya, capi di Stato dell’Alba (l’Alleanza bolivariana voluta dal venezuelano Hugo Chávez) e giornalisti italiani si permettono di offenderlo con il soprannome di “Pinocheletti”, evocatore del dittatore che con metodi brutali dominò il Cile per quasi 17 anni.
A volersi eternizzare al potere era in realtà il suo predecessore Zelaya, lo stesso uomo che oggi la comunità internazionale coccola come sfortunato presidente democratico esiliato. A imitazione del suo mentore Chávez, “Mel” aveva deciso di sbarazzarsi dei poteri intermedi e a colpi di plebiscito, sapientemente preparati da forzature costituzionali e compravendite di voti su larga scala con fondi dello Stato e dell’alleato venezuelano, di creare l’apparato giuridico che gli avrebbe consentito di essere rieletto all’infinito. Costituzione honduregna alla mano, le istituzioni hanno praticato l’autodifesa e sventato l’aggressione, con l’unico neo di una deportazione dell’ex presidente che chiaramente vìola un articolo della Costituzione stessa (il numero 102). Ma a parte questo, i poteri honduregni hanno agito nel pieno della legalità contro il presidente fellone, nonostante la comunità internazionale continui a pensare il contrario (solo Israele e Taiwan hanno finora riconosciuto il nuovo governo).
Micheletti somatizza all’estremo l’ingiusto giudizio che lo affligge: riceve l’inviato di Tempi accigliato, compulsa nervosamente il libretto della Costituzione honduregna, le cui pagine contenenti gli articoli che rappresentano la base legale della deposizione di Zelaya appaiono sgualcite e piene di orecchie, un fremito impaziente agita la gamba sinistra ad ogni domanda. Non ha l’eloquio del demagogo alla Zelaya o alla Chávez. Eppure questo figlio di un immigrato bergamasco che non ha mai preso la nazionalità honduregna, prigioniero di guerra negli anni Quaranta quando l’Honduras era ufficialmente in conflitto con l’Italia mussoliniana, è l’incarnazione modesta ma realissima della decenza istituzionale e della resistenza democratica a quel progetto autoritario e violento di portata continentale che va sotto il nome di Alba. L’Honduras è certamente, come gli altri Stati centroamericani, una “repubblica oligarchica” e per di più afflitta da alti livelli di corruzione (ma sempre meno di paesi dell’Alba come Venezuela ed Ecuador, a giudicare dalle classifiche di Transparency International), oggi però sta accumulando un merito storico, di cui un giorno gli stessi Stati sudamericani che lo stanno boicottando gli dovranno essere grati: è il primo paese dell’America latina che oppone resistenza all’egemonia chavista, che blocca e inverte la sua finora inarrestabile espansione. Micheletti sarà presidente per sette mesi al massimo, ma, se la Provvidenza lo assiste, sarà ricordato a lungo per questo motivo.

Articolo tratto da qui nel quale potrete seguire anche una bella intervista esclusiva al Presidente Micheletti su quello che sta succedendo in Honduras.

martedì 18 agosto 2009

Patty e Gad


no, no, la D'Addario non è diventato il mio incubo ma in questo solleone agostano una notizia "drammaticamente" leggera la volevo condividere. La fonte è questa.

Party all’Infedele, Patty ha detto sì. Da 5 anni Gad Lerner, indignato della mignottaggine, si pone la stessa domanda: perché le donne del paese non insorgono? Siamo lieti di comunicare che è anche una delle domande che il giornalista più autorevole della nazione rivolgerà finalmente a Patrizia D’Addario.
Party all’Infedele, Patty ha detto sì. Invitata da Lerner attraverso le pagine di “Vanity Fair” per tramite di rubrica, la più famosa escort d’Italia, rinunciando al sudato cachet, ha coraggiosamente accettato di essere presente nella puntata del 28 settembre e rispondere così a tutte le dieci domande di Repubblica da sempre inevase dal Cav.
Party all’Infedele, Patty ha detto sì. La denuncia femminista nell’Italia del 2009 parte dalla signora che ha fatto quello che ha fatto col Cav. E’ così che sfidando il moralismo, con grande coraggio, Lerner è riuscito ad aggiudicarsi la presenza in trasmissione della signora di Bari. E Nove Colonne è oggi in grado di offrire ai propri lettori una ghiotta anticipazione dell’intera scaletta.
Party all’Infedele, Patty ha detto sì. Previsto anche un collegamento con l’Isola del Famoso. Si tratta di uno scoglio del mare corso. E’ il buen retiro di Carlo De Benedetti. Oltre all’Ingegnere, dalla terrazza affacciata sul mare blù, a rispondere ai microfoni dell’Infedele, coccolato da Giuseppe D’Avanzo, ci sarà anche il celebre Tarantini. Con una rivelazione: “L’Ingegnere mi ha chiesto di prendere una casa accanto alla sua. Ha ragione: basta con la Costa Smeralda”.
Party all’Infedele, Patty ha detto sì. E non da sola. Anche Noemi Letizia, sensibile al fascino di Lerner, ha accettato di partecipare alla puntata. Interpellata al telefono, questa è stata la sua dichiarazione: “Finalmente il pubblico potrà giudicare la sincerità dei miei sentimenti. Mi piace il modo non urlato dell’Infedele. E’ una trasmissione che in famiglia seguiamo con attenzione anche se spesso è severa nei confronti di Papi. Ammiro Gad, mi ha pure detto di chiamarlo, se voglio, zietto”.
Party all’Infedele, Patty ha detto sì. E con lei tante altre ragazze. A dare brio alla discussione non si sottrae Sabina Began, un pezzo di ragazza che sarà chiamata a fare il paio con la filosofa Luisa Muraro. Anche quest’ultima, come la D’Addario non ha preteso gettone di presenza mentre la Began, al contrario, ha detto sì a patto di trascorrere una cena a lume di candela, sempre a casa di De Benedetti, ma con il giornalista Gad. Lei, convinta salutista, ha già avuto la sua cena ma smentisce tramite il legale di aver assunto durante l’incontro peperoni fritti la cui digeribilità è sempre distorta e fuorviante. I dettagli dell’interessante conversazione sono a ogni modo già disponibili nel blog di Lerner.
Party all’Infedele, Patty ha detto sì. Non può mancare nel parterre degli ospiti don Sciortino. Ben felice, il direttore di “Famiglia Cristiana”, ha dichiarato di provare “tanta felicità nel sapere di poter infine incontrare prossimamente le gentili pecorelle sfuggite al lupo d’Arcore”. A Patrizia D’Addario dirà questo: “Figliola cara, rinuncia a Silvio. Smentisci tutti i complimenti sulla sua prestanza. Vero che quegli elogi all’instancabile, era solo una finzione, diciamo così, professionali? Non sappiamo più come tenere calmi gli ospiti dei centri anziani delle parrocchie”.
Party all’Infedele, Patty ha detto sì. Ma qualcuno dice no. Una delegazione di utenti rom, utilizzando il blog di Lerner, ha voluto rappresentare infatti il proprio disappunto per avere il giornalista abbandonato la campagna di sensibilizzazione a favore degli zingari e dei nomadi: “Tieniti la tua Patty, la tua Sabina e il tuo don Sciortino. Tieniti il tuo Ingegnere. Da adesso, fedeli lettori di Vanity Fair quali siamo, il nostro riferimento sarà solo Moira Orfei. E Daria Bignardi va da sé”.

mercoledì 5 agosto 2009

10 domande

In attesa della santificazione di Patrizia D’Addario, dopo mesi di disco incantato, poiché ci siamo davvero rotti i coglioni, è ora di chiedersi: ma Repubblica (ormai detta La Ripubblica, o La Repubica) non sa cosa pubblicare nello spazio delle dieci domande? Ogni giorno le ripropone tale e quali, e non si capisce chi dovrebbe leggerle: Berlusconi le conosce a memoria e non risponde, mentre i lettori, che non sono cerebrolesi, vedono il riquadro e saltano alla pagina successiva. Non sanno cosa scrivere in quello spazio? Hanno carenza di domande? Non ne hanno altre D’Avanzo?
Invece ce ne sarebbero molte e piccantine, e per esempio, rovesciando la frittata, vengono facili dieci domande (e anche di più) a Patrizia D’Addario, sperando che almeno lei risponda. D’altra parte forse ha ragione Repubblica e la signora P.D. sembra la più papabile al ruolo guida del PD, ha perfino le iniziali giuste. Ecco qui, finalmente, le controdomande che Repubblica non pubblica, tutto quello che vorreste sapere e non avete mai osato chiedere, anche perché si aspettano le risposte ma non si può chiedere altro.
1 - Perché, signora P.D., se lei afferma «Berlusconi mi ha promesso una cosa - di sua spontanea volontà, senza che gli chiedessi niente» poi si è sentita tradita come se non fosse stato rispettato un do ut des?

2 - Perché, prima di un incontro sessuale, per lei professionale, girava con un registratore? Poiché era ospite di una persona da lei stimata, esattamente voleva registrare, e per quali fini? Aveva il registratore anche quando era senza vestiti? Dove?

3 - Lei afferma che sua figlia «ha capito che se ho fatto quello che ho fatto è stato per un motivo nobile». Sarebbe? Il “motivo nobile” è la vendetta per non aver avuto nell’immediato la sua licenza sbloccata, pur tenuto conto che non c’era nessun patto al riguardo? Ritiene sia un “nobile motivo” andare a letto con qualcuno per farsi sbloccare una licenza edilizia o qualsiasi altra cosa?
Glielo ha spiegato bene a sua figlia? Non crede che, per ipotesi, Berlusconi possa averla allontanata dopo aver capito il suo essere troppo interessata, non a lui ma ai suoi favori? Alla sua amica Barbara Montereale non sono forse stati donati diecimila euro senza per questo chiederle alcuna prestazione in cambio, per pura simpatia?


4 - Se Berlusconi sapeva che lei era una escort, perché lei non gli ha chiesto di essere regolarmente pagata e gliel’ha data gratis? Se Berlusconi lo sapeva, benché le intercettazioni lo smentiscano, lei ha interpretato la sua richiesta di sblocco di una licenza edilizia come un pagamento? Non è proprio lei, signora P.D., a ribadire che questa promessa è venuta «per spontanea volontà di Berlusconi, senza che gli chiedessi niente»? Accade spesso che lei non chieda un compenso prima di una prestazione professionale e invece aspetti un regalo per «spontanea volontà» di un cliente?

5 - Signora P.D., lei sostiene che «il suicidio di papà e i problemi economici mi hanno costretta a tornare e a fare la escort». Ritiene quindi che ogni donna con problemi economici non abbia altra alternativa alla prostituzione? Le donne “costrette” a prostituirsi non sono forse altre? La sua tipologia di professione non implica una scelta del tutto legittima e libera?

6 - Dopo essere stata una sola volta a letto o a lettone con Berlusconi, lei, signora P.D., afferma di essere stata invitata altre volte, e specifica «comunque gli inviti che sono arrivati dopo li ho sempre declinati, perché non mi era piaciuto il comportamento di Berlusconi. Aspettavo le due persone che mi disse mi avrebbe mandato a Bari per sbloccare la pratica. Vedevo che il tempo passava e di conseguenza non avevo nessuna voglia di partecipare a altri incontri».
Considerando che i tempi, per il “favore” di cui parliamo sono molto stretti, e che lei considerava l’aiuto per la pratica un risarcimento non esplicitato per le sue prestazioni, perché subito dopo non è voluta tornare per coltivare un rapporto di interesse come si fa sempre quando si ha interesse di ottenere qualcosa?


7 - Signora P.D., lei afferma che «quando ti invitano due o tre giorni in un posto non ci vai per giocare a briscola o per parlare di politica». Davvero? Quando ti invitano per due o tre giorni è perché si vuole scopare? Vale solo per lei signora o per chiunque? Se Berlusconi era a conoscenza della sua professione di escort, non è normale invitarla di nuovo? Se invece non lo era, e la notte passata insieme era di tipo casuale e amichevole per entrambi, perché declinare i successivi inviti?

Perché non andare e esplicitare i propri interessi chiedendo ciò che si vuole ottenere? Oppure lei sapeva che le parole di Berlusconi erano appunto solo parole dopo una notte di sesso passata con una ragazza come un’altra? Questo non spiega forse il suo essersi premunita di un registratore quando non ce n’era alcun motivo?


8 - Visto che per lei, malgrado la sua professione, la privacy di un personaggio pubblico non esiste, ci può dire con quanti altri clienti ha utilizzato il suo registratore? Ha mai utilizzato le sue registrazioni a scopi di ricatto? Perché sostiene che in Italia molti hanno paura di lei? Perché si limita alle allusioni? Escludendo Berlusconi, di cui ha già fornito ogni dettaglio, chi sarebbero i molti restanti?


9 - Lei dice di essere rimasta delusa da Berlusconi perché pensava fosse «un uomo leale, di parola», sempre riguardo alla solita questioncina della licenza edilizia come se questa licenza fosse una questione nazionale, di cui possa fregare un cazzo a qualcuno. Le sono invece capitati molti uomini di parola prima di Berlusconi? Cosa ha ricevuto in cambio?

10 - Poiché lei è così precisa nei conti, avendoci rivelato le cifre percepite come escort (duemila euro a notte), può dirci se le sue interviste sono state pagate da Repubblica e quanto ha percepito? Ha registrato gli incontri? Ha mai avuto rapporti intimi con Ezio Mauro? È mai stata su un letto piccolo con Paolo Berizzi? È avanzato qualcosa per D’Avanzo?
Se non ci fosse stata Repubblica avrebbe messo in scena il suo spettacolino trash “I love Silvio” o neppure quello? Ha chiesto qualche favore speciale a Repubblica in cambio delle sue dichiarazioni contro il nemico politico del quotidiano presso il quale le ha rilasciate in esclusiva? Infine, detto questo, come escort o come donna, lei, signora P.D., ci sono momenti della sua vita in cui si sente solo una grandissima stronza?


Massimiliano Parente dal quotidiano Libero del 04/08/2009